Mentre meditavo stamattina ho sentito passare un aereo. Era un suono che non udivo da tempo ed era … rumoroso. Un rombo, dapprima lontano, si è fatto sempre più forte e vicino per poi allontanarsi di nuovo verso chissà quali lidi.
Mi è parso fuori luogo, invadente, innaturale, fastidioso. Quando mi sono resa conto che mi ero fatta completamente distogliere dal mio stato di quiete meditativa, piano piano ho riportato l’attenzione al respiro ritrovando pace e spazio interiore.
Adesso, a distanza di quasi due ore, ho sentito passare un altro aereo. Subito il mio corpo ha reagito con un brivido lunga la schiena, come un timore, un disagio, una paura.
Adoro viaggiare e desidero continuare a farlo, ho preso l’aereo con grande gioia una quantità infinita di volte per destinazioni interne e internazionali. Eppure quel suono così famigliare oggi mi ha disturbato: un altro segnale del ritorno alla sonorità della vita “normale”.
Da quando è iniziata la fase 2, insieme alla gioia di poter rivedere mia figlia e le persone care, tornare al parco e muovermi con relativa maggiore libertà, mi sono accorta che il moltiplicarsi dei suoni nell’aria mi disturba non poco. Sono ripresi i lavori di ristrutturazione dell’appartamento al quinto piano, i lavori di rifacimento della rampa del garage del palazzo accanto, macchine e moto hanno ripreso a girare numerosi diffondendo nell’aria il rombo (1) dei loro motori. Non oso immaginare cosa accadrà in fase 3 quando il “normale” ritmo di vita riprenderà a pieno regime.
Mi manca il silenzio della fase 1, quando si sentivano solo gli uccelli cinguettare, le chiacchiere della gente nelle case, la musica e i canti dei flashmob nei balconi, qualche passo solitario nella via di chi andava a far la spesa o in farmacia.
Nel silenzio mi ricarico, mi ritrovo, mi prendo cura, mi rilasso. Nel silenzio sono.
Non ho certamente voglia di vivere in eremitaggio in cima ad una montagna. Allo stesso tempo è fondamentale per me conservare piccole e grandi oasi di silenzio nella quotidianità. In città non sarà più possibile fra poco.
Silenzio mi sei caro e prezioso. Dove mi condurrai?
Un piccolo passo verso la Gioia di Essere
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(1) non so se capita anche a te, a volte mi viene il dubbio che la parola che sto usando non sia quella giusta. E’ la seconda volta che uso la parola “rombo” e ho sentito l’esigenza di cercare sul vocabolario se esprimesse quello che intendevo e ho scoperto una cosa interessante.
Oltre ad essere una figura geometrica e il rumore cupo, forte e profondo: r. del tuono, del motore di un’automobile – quindi giusto in questo contesto – il rombo è anche uno Strumento rituale usato nell’antica Grecia e presente, come giocattolo, nel folclore di vari paesi moderni, costituito da un’assicella di legno attaccata a una cordicella che, roteata nell’aria, produce un caratteristico suono. Mi piacciono i giocattoli semplici, che vengono da lontano e comuni a tanti luoghi diversi del pianeta. Forse il rombo, come tutte le cose, non è poi così molesto. Potere delle parole.
Photo by Teresa Fernández on Unsplash