Avevamo terminato la prima parte di questa storia con queste parole: gli inserzionisti spendono miliardi per diffondere l’illusione che più cose abbiamo più questo ci porterà felicità.
Ma l’acquisto di tutta questa roba ha conseguenze reali. Le case oggi sono, in media, due volte più grandi di quanto non lo fossero 40 anni fa. L’onere del debito per l’acquisto di quelle camere extra o per il mobilio di lusso dura decenni. Il debito, le ore di straordinario necessari per pagare e il tempo che rimane portano lontano da amici e parenti e così via.
Esauste dalle lunghe ore di lavoro e pendolarismo, le persone iniziano a chiedersi cosa è successo alla vera felicità. Ed ecco la risposta dei pubblicitari: hai solo bisogno di spendere ancora di più sulla chirurgia plastica, antidepressivi, o una macchina nuova. Ogni giorno il bambino medio negli Stati Uniti vede tra 50 e i 70 annunci al giorno in televisione; un adulto medio vede mediamente 60 minuti di pubblicità e di promozioni.
Per i lavoratori poveri, quelli a basso reddito e i disoccupati, gran parte della roba che gli inserzionisti sostengono porterà felicità è fuori portata, rendendo le false promesse uno scherzo crudele. Per tutti i livelli di reddito, ma soprattutto per quelli più bassi, la pubblicità diventa un ricordo implacabile del buon vivere che non hanno e che altri hanno.
“Chi racconta le storie di una cultura governa veramente il comportamento umano”, ha detto lo studioso di media George Gerbner. “Questo vale per essere il genitore, per la scuola, la chiesa, la comunità.Oggi chi racconta queste cose è una manciata di gruppi economici globali che non hanno nulla da raccontare, ma una grande quantità di cose da vendere “.
La conversazione sulle fonti dell’appagamento e della gioia è stata colonizzata dagli inserzionisti che producono la mentalità della cultura del consumo.
La roba a buon mercato ha un prezzo
I lavoratori che producono e distribuiscono la nostra roba sono tra quelli che pagano il prezzo più alto per il nostro stile di vita da consumatori. Quando le persone non hanno soldi, ma gli è stato detto che avere più cose è essenziale per la loro felicità, avere la possibilità di comprare a prezzi bassi diventa di primaria importanza. Le imprese locali sono costretta al fallimento a causa dei negozi in grado di tagliare i prezzi pagando salari bassissimi.
I lavoratori del settore produzione si trovano loro malgrado nella corsa al ribasso per il salario più basso. I datori di lavoro trasferiscono altrove la loro produzione lì dove i salari e gli standard di sicurezza sono inferiori altrove o quando i lavoratori cominciano ad organizzare un sindacato.
Tutto quello che esiste di non umano nel pianeta soffre dal fardello ecologico colossale di produrre tutta la roba per noi umani. Secondo un recente studio pubblicato su Science, l’attività umana sta causando l’estinzione delle specie con un incremento 1.000 volte superiore al tasso che normalmente si verifica in natura. I prodotti chimici industriali sono in aumento nei corpi dei mammiferi marini nelle regioni artiche e nei nostri corpi. Un’isola gigante di immondizia e di plastica circola nell’Oceano Pacifico, avvelenando la fauna selvatica e tutta la catena alimentare. Più preoccupanti di tutti sono gli effetti della combustione di enormi quantità di combustibili fossili e di disboscamento e le foreste in fiamme. Saturando l’atmosfera il carbonio sta acidificando gli oceani e surriscaldando il pianeta. I cambi climatici minacciano le nostre coste, le scorte alimentari e le fonti di acqua dolce, e potenzia incendi e tempeste massicce.
La crescita non offre più la felicità
Maggiori consumi avrebbero dovuto portare alla felicità a noi come individui, e, allo stesso tempo, la crescita economica avrebbe dovuto portare benessere per la società nel suo insieme.
Il dopoguerra è stato considerato un successo economico, e soprattutto negli anni ’60 e ’70, è stato un periodo in cui molti sono usciti dalla povertà e il divario tra ricchi e poveri era molto minore di quanto non sia oggi. La crescita dell’economia, misurato come Prodotto Interno Lordo (PIL) è aumentato costantemente.
Non abbiamo bisogno di persone che lavorano in condizioni di sfruttamento per produrre roba a buon mercato per alimentare una fame infinita di possesso.
Ma il PIL è una misura inaffidabile. E’ calibrato sull’attività economica, indipendentemente dal fatto che l’attività porti miglioramenti. Scavare una miniera e vendere metalli, minerali, o carbone, aumenta il PIL, anche se inquini l’acqua potabile per migliaia di persone. Coltivare cibo fresco nel giardino, condividerlo con gli amici e con i senzatetto, rimanere in buona salute e felici, non modifica il PIL.
La sigla inglese per il PIL è GDP (Gross Domestic Product) Il GPI l’indicatore di Progresso Genuino, dall’altra parte, misura soprattutto il benessere generale; sottrae le cose nocive come la criminalità, la malattia, la perdita di terreni agricoli, e la qualità dell’acqua in declino, e aggiunge i contributi per l’economia che il PIL non conta, come il lavoro non retribuito a casa e il volontariato nella comunità.
Fino al 1979, il PIL e GPI sono aumentati più o meno di pari passo negli Stati Uniti. Ma dopo il 1979, è accaduto qualcosa di diverso. Il PIL ha continuato a crescere, mentre il GPI è rimasto in stallo.Il nostro tempo e le nostre risorse sono state sempre di più investiti nella crescita economica, ma senza portare felicità, soprattutto per le persone bloccate in condizioni di povertà.
Perché la dimensione dell’economia continuano a crescere mentre il benessere stagna?
I colpevoli sono “un aumento della disuguaglianza di reddito insieme all’aumento dei costi ambientali e sociali in misura più veloce del consumo e dei suoi benefici”, dice Ida Kubiszewski e i suoi colleghi in un articolo pubblicato in Ecological Economics.
In altre parole, non stiamo ottenendo felicità per tutto il tempo, il denaro e le che risorse naturali stiamo utilizzando e i benefici sono soprattutto per quelli che sono in alto.
Che cosa è cambiato? Tra le altre cose, gli accordi di libero scambio e dei governi pro-corporates rendono ora possibile per le imprese transnazionali di esternalizzare la produzione nelle regioni a più basso salario del mondo in cui vigono regolamenti di minor salvaguardia per i lavoratori e l’ambiente. Tale strategia tiene bassi i prezzi. Ma rende facile per le aziende ridurre drasticamente i buoni posti di lavoro e sfruttare i lavoratori in patria e a livello internazionale. Il salario misero, lo sfruttamento dei lavoratori agricoli negli Stati Uniti, i numerosi incendi di fabbrica e il crollo dell’edificio Rana Plaza in Bangladesh, i suicidi nelle fabbriche cinesi che fanno prodotti Apple, e i diamanti di sangue in Congo sono solo alcuni esempi di l’alto prezzo pagato da coloro che producono la nostra roba.
La produttività è aumentata in tutto il dopoguerra, in particolare con l’impiego di computer e della robotica. Si produce più adesso in un’ora di tempo di lavoro che mai prima. L’aumento del reddito scaturito dall’aumento della produttività avrebbe potuto essere condiviso con i lavoratori, sotto forma di una paga più alta o meno ore per la stessa paga. O i profitti avrebbero potuto essere tassati per finanziare l’istruzione superiore, per il miglioramento delle infrastrutture, per un sistema di trasporto ad alta velocità, per una transizione verso un’economia verde, o tantissime altre cose che aumenterebbero la felicità sostenibile. Invece, le aziende hanno usato la maggiore produttività per licenziare i lavoratori, offrire enormi redditi per i dirigenti, acquistare altre società, e pagare rendimenti elevati agli azionisti ricchi. E speso i lobbisti hanno versato miliardi di contributi alle campagne elettorali per far vincere politici che avrebbero promulgato leggi a loro favorevoli, riduzione di tasse e regolamenti più leggeri. Le organizzazioni dei lavoratori non hanno abbastanza peso per negoziare una quota di aumento del reddito; i salari sono rimasti fermi a partire dagli anni ’70, mentre il reddito e il patrimonio del 1 per cento della popolazione e in particolare la parte superiore dello 0,1 per cento, sono saliti alle stelle.
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