Fughiamo subito qualsiasi dubbio o ironia, soprattutto da parte di lettrici e lettori di Roma. Non si tratta di dialetto romanesco, bensì di una parola sacra della lingua seneca parlata dagli irochesi, una popolazione di nativi americani, originariamente stanziati nella regione dei Grandi Laghi tra attuali gli Stati Uniti e il Canada.

Ho letta per la prima volta la parola “orénda” nel libro Le Tredici Madri Clan delle Origini di Jamie Sams e mi ha risuonato profondamente all’interno.

Nella prima pagina del libro l’autrice scrive “l’Orènda è l’Essenza Spirituale o il principio creativo chiamato l’Eterna Fiamma dell’Amore che si trova nel profondo di tutte le forme viventi.” Nell’introduzione aggiunge “L’Orènda ospita la luce guida e la voce interiore che ci insegna quale potenziale abbiamo e la nostra più grande capacità di amare e di guardare con amore”.

Le parole scritte con la lettera maiuscola non sono un refuso; “in quasi tutte le lingue dei Nativi americani alcune parole sono considerate sacre e pertanto vanno sempre rese con la lettera maiuscola.”

È una parola che racchiude una visione e un vivere sul Pianeta di grande comunione con tutti e tutto, lo stesso della Noosfera di Josè Arguelles.

Nella Treccani online è riportata questa definizione un pò occidentalizzata e priva della magia e della sacralità che la parola emana: s. m. [voce di origine irochese], invar. – Termine con il quale la popolazione amerindia degli Irochesi indica una forza soprannaturale che pervade in vari gradi tutti gli oggetti animati e inanimati dell’universo, come una sorta di energia spirituale che può essere trasmessa e usata secondo la volontà del suo possessore.

Foto di Marek Piwnicki su Unsplash

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